(con la collaborazione di Grazia De Santis)
I più sfruttati sono Tango di Tananai e Made in Italy di Rosa Chemical. Gli ingiuriosi Egoista, Mostro, Stupido, mentre Puttana di Madame è diventato Il bene nel male. L’avvocato Patrizio Visco avverte i giovani autori: “Attenti alle denunce”.
Il Festival di Sanremo resta il principale strumento di giudizio dello stato della creatività musicale degli autori italiani. Dopo 72 anni di motivi orecchiabili diventa sempre più difficile comporre canzoni capaci di stupire per originalità: aspettiamoci nuove accuse di plagio per l’edizione 2023.
Se i sentieri melodico-armonici fino alla scorsa edizione apparivano tutti ripetutamente battuti, anche per i titoli già resi noti dei brani in gara il prossimo febbraio gli autori non sembrano essere stati illuminati da lampi di immaginazione.
Gli unici davvero originali si dimostrano Giorgia con “Parole dette male”, Gianluca Grignani con “Quando ti manca il fiato”, Leo Gassmann con “Terzo cuore” e Anna Oxa con “Sali (Canto dell’anima)”. Tutte le altre canzoni hanno titoli già precedentemente depositati nell’archivio della Società italiana degli autori ed editori. Persino “Un bel viaggio” degli Articolo 31 ha 3 antenati: uno è firmato dal poeta-paroliere nonché medico ospedaliero Sandro Orlandi, un altro dal cantautore Christian Lavoro. Ma Orlandi e Lavoro non hanno trovato editori e cantanti per la pubblicazione, pertanto “Un bel viaggio” degli Articolo 31 ha un solo precedente ascoltabile composto dal cantautore Saverio Grandi e inciso nel 2000 dal duo Taglia 42.
È andata meglio a “Se poi domani” di LDA (all’anagrafe Luca D’Alessio) preceduto da due depositi non pubblicati: il primo di Fabio Cappelli, l’altro del concertista di flauto Maurizio Terzaghi con il testo di Simone Chiccoli.
Anche “Lettera 22”, il brano scritto dai due componenti della Rappresentante di Lista per i Cugini di Campagna, risulta già depositato alla SIAE dal registra teatrale Romain Sabella e dal direttore d’orchestra Paolo Buonvino, che però non l’hanno pubblicato.
Anche Mara Sattei è la prima a incidere “Duemilaminuti”, un titolo già depositato ma non pubblicato da due prestigiosi artisti: il direttore d’orchestra Elio Maestosi assieme al compositore di musica contemporanea Vieri Tosatti.
“Cause perse” è il titolo del brano del rapper Sethu. Un altro rapper l’ha preceduto: s’intitola “Cause perse” la canzone inserita da Skuba Libre (Albino Rizzato) nell’album “L’ultima luce” prodotto nel 2018 dal dj piemontese Big Fish. In totale il titolo “Cause perse” alla SIAE risulta depositato 5 volte.
Seguono i titoli a carta carbone, ossia già utilizzati per brani che sono stati successi di altri artisti. “Mare di guai” la canzone che sarà interpretata da Ariete conta 11 precedenti, tra cui quella del 1994 dei Tiromancino.
Splash inglesi, americani e italiani
“Splash”, il titolo del brano di Colapesce e Dimartino, già famoso negli anni Sessanta per le incisioni jazz di Count Basie e Miles Davis e dopo essere stato nel 1980 una hit internazionale del compositore e discografico inglese Clive Langer è diventato nel 2010 il bestseller del cantautore americano Jeremy Jay e nel 2016 di Gwen Stefani frontwoman della band USA No Doubt. In Italia diverse formazioni hanno inciso canzoni intitolate “Splash”: come la coppia Mario Lavezzi con Manrico Mologni nel 1993, la storica band bergamasca Mototronko (1995), i trapper romani Dark Polo Gang (2018), il beneventano Carlo Zollo col latinense Ketama126 (2020) e nel 2021 sia il trio romano Dabraell, sia MVKilla con Yun Snapp (all’anagrafe di Napoli Marcello Valerio e Antonio Lago).
“Un titolo come Splash non esprime un’opera dell’ingegno tutelabile. Riproporlo poteva rappresentare un pericolo negli anni Sessanta, ma oggi dopo tre quarti di secolo di canzoni pop non si rischia alcunché – dice l’avvocato Patrizio Visco, tra i maggiori esperti italiani di diritto d’autore – Bisogna invece prestare attenzione ai titoli compositi che risultano più efficaci. Suggerisco agli artisti di comportarsi come alcuni dei loro colleghi più affermati che prima di depositare un titolo consultano l’archivio della SIAE per verificare se esistono precedenti”.
“Non mi va” del gruppo Colla Zio ha un precedente rintracciabile in un 45 giri storico: s’intitola “Non mi va” il lato b di “Bella Ciao”, nella popolarissima interpretazione di Milva, anno 1965. “Non mi va” è stato poi un successo del 1987 di Vasco Rossi, presente nell’album “C’è chi dice no”, ed è anche il titolo del brano pubblicato nel 2022 dal rapper Samurai Jay (Gennaro Amatore).
“Supereroi” di Mr. Rain ha 42 precedenti. Almeno due di artisti noti: Deborah Iurato, vincitrice dell’edizione 2014 del talent show Amici, ha inciso “Supereroi” nel 2020, e Ultimo ha composto e cantato il suo “Supereroi” nel 2021 diventato il tema dell’omonimo film di Paolo Genovese.
Due, Due vite, Duemilaminuti
Il numero Due a Sanremo 2023 si affaccia tre volte. Oltre a “Duemilaminuti” di Mara Sattei s’intitola “Due vite” il brano di Marco Mengoni che annovera oltre 50 precedenti con almeno due – sempre due – perle: il “Due vite” di Paolo Jannacci del 2007 e il “Due vite” di Gino Paoli scritto con la moglie Paola Penzo nel 2009.
S’intitola invece semplicemente “Due” il brano di Elodie: prima di lei incisero “Due” Drupi nel 1975, Riccardo Cocciante nel 1985, Renato Zero nel 1991, Raf nel 1993; Mario Biondi ha invece intitolato “Due” il suo album del 2011. Stesso titolo usato nel 2020 dal duo Coma Cose per l’EP realizzato assieme al musicista e produttore aquilano Stefano Tartaglini, in arte Stabber.
I Coma Cose a Sanremo 2023 canteranno “L’addio”. Un titolo inflazionato. Il più celebre precedente è un classico della canzone napoletana: “L’addio” scritto nel 1923 dal poeta Libero Bovio con il compositore ed editore Nicola Valente e interpretato da voci nobili della canzone partenopea come Franco Ricci, Roberto Murolo, Fausto Cigliano, Giacomo Rondinella, Bruno Venturini, Angela Luce e da Miranda Martino con l’orchestra di Ennio Morricone. “L’addio” è anche una cover della popstar statunitense Neil Sedaka, adattata nel 1969 in lingua italiana da Paolo Limiti. “L’addio” è addirittura già stata in gara al Festival di Sanremo nel 1970, scritta da Plinio Maggi, Andrea Lo Vecchio e Sergio Bardotti per la voce di Michele. Hanno inciso “L’addio” anche Giuni Russo nel 1981, Franco Battiato nel 2008 e Noemi nel 2010.
Le più celebri voci del passato
Altro titolo moltiplicato è “Cenere” del rapper Lazza. Fu uno straordinario successo degli anni Cinquanta, scritto da Vigilio Piubeni per i versi di Bixio Cherubini e interpretato dalle voci più importanti dell’epoca: Giorgio Consolini, Luciano Tajoli, Luciano Virgili, Claudio Terni, Antonio Vasquez. Altri “Cenere” sono stati incisi dalla band Marlene Kuntz nel 1996, da Syria nel 2008, da Silvia Olari nel 2010, da Mimmo Locasciulli nel 2018, dai rapper Clementino (Clemente Maccaro) nel 2017, Nashley Rodeghiero nel 2019 e Deddy (Dennis Rizzi) nel 2021.
Levante ha intitolato il suo brano “Vivo”, come quello del 1962 di Giuseppe Cioffi, autore di storiche canzoni partenopee come “Agata”, “‘Na sera ‘e maggio”, “Dove sta Zazà?”, “Scalinatella”. Cioffi scrisse “Vivo” assieme a due celebri amici, l’attore milanese Gianni Musy e il paroliere napoletano Giuseppe Compostella. Un “Vivo” è stato inciso nel 1978 da Renato Zero con le parole di Franca Evangelisti, un altro “Vivo” è stato scritto da Riccardo Del Turco per Andrea Bocelli nel 2018. L’ultimo famoso “Vivo” è di Andrea Laszlo De Simone che il web magazine Rockit ha premiato quale canzone più bella del 2021.
“Lasciami” dei Modà conta oltre 50 precedenti, con le firme di compositori e parolieri tra i più prestigiosi dal dopoguerra a oggi, come Corrado Lojacono negli anni Cinquanta, la coppia Vito Pallavicini e Gianpietro Felisatti negli anni Sessanta, il direttore d’orchestra Franco Micalizzi con Corrado Bonicatti negli anni Settanta, il trio Marco Ciappelli con Luca Angelosanti e Franco Morettini ovvero gli autori di Alessandra Amoroso e Nina Zilli. Hanno scritto e inciso “Lasciami” anche il cantautore Paolo Frescura nel 1977 e il cantautore Seba (Sebastiano Barbagallo) nel 2007. Il “Lasciami” più recente è quello dell’artista afroitaliana Kaze (Paola Giorgia Formisano) composto assieme a Adel Al Kassem.
Il Furore di Adriano Celentano
“Furore” di Paola e Chiara è stato il titolo della canzone più fortunata di Adriano Celentano nel 1960. Un’altra “Furore” fu composta da due collaboratori di Fabrizio De André: i chitarristi Michele Ascolese e Daniela Colace nel 1992, incisa da Colace. Ancora “Furore” uscì scritta ed eseguita da Vinicio Capossela nel 1994. Ultimo “Furore” quello del duo franco-tedesco di musica elettronica Stereo Total, cantato in italiano nel 1997.
Sono oltre 100 nell’archivio delle opere musicali della SIAE le canzoni intitolate “Polvere”, come quella di Olly. La prima a vendere centinaia di migliaia di dischi fu scritta nel 1954 da Angelo Galletti e Mario Micheletti, incisa dai melodici più in voga dell’epoca: Narciso Parigi, Luciano Tajoli, Giorgio Consolini. Nel 1973 la stessa “Polvere” divenne un successo dell’orchestra di liscio Castellina-Pasi. Una nuova “Polvere” è stata scritta e cantata nel 2000 da Giovanni Lindo Ferretti e un’altra ancora nel 2002 da Federico Zampaglione e Andrea Pesce per il loro gruppo Tiromancino.
Ed ecco i titoli record per numero di precedenti. Si comincia con “Alba” di Ultimo depositato oltre 300 volte, con tante pubblicazioni di artisti di importante calibro: Mia Martini con l’orchestra di Natale Massara nel 1974, Alan Sorrenti nel 1976, Francesco Renga nel 2002, Noemi nel 2014 (se poi aggiungiamo l’articolo con l’apostrofo, “L’alba” la troviamo anche con Umberto Bindi, Peppino Gagliardi, Nino D’Angelo, Riccardo Cocciante, Jovanotti, Salmo, Emam e mille altri interpreti di minore notorietà).
Quanto Tango Made in Italy
“Tango” di Tananai è da primato assoluto: sono 7472 le canzoni registrate alla SIAE contenenti nel titolo il nome del ballo argentino (come le regine Tango delle capinere, Tango della gelosia, Tango del mare). Ma anche la sola “Tango” conta su precedenti illustri: l’hanno incisa Paolo Conte nel 1975, Lucio Dalla nel 1979, Anna Oxa nel 1979, Milva nel 1982, Rossana Casale nel 1986, Grazia Di Michele nel 1987, Angelo Branduardi nel 1988, Julio Iglesias nel 1996, Cristiano Malgioglio nel 1998, ultimi i Liftiba sempre nel 1998. Inoltre sono intitolati “Tango” l’album del direttore d’orchestra James Last del 1981 e quello dei Matia Bazar del 1983.
È da primato anche “Made in Italy”, il titolo della canzone di Rosa Chemical. Un titolo utilizzato dalle aziende discografiche per vantare le caratteristiche dell’opera dell’ingegno tricolore. Il titolo “Made in Italy” è stato negli anni utilizzato per gli album di Loredana Bertè, Matia Bazar, Alan Sorrenti, Alice, Nada, Enzo Avitabile, Daniel Sentacruz Ensemble, Banco del Mutuo Soccorso, Fiordaliso, Nicola Arigliano, Pino Donaggio, Claudio Lolli, Nino Buonocore, Bruno Martino, Bottega dell’Arte, Mau Mau, Statuto, Gil Ventura, Mango, Albano, Renato Carosone e perfino Ettore Petrolini. Hanno inciso canzoni espressamente intitolate “Made in Italy” il complesso di Riccardo Rauchi con la voce solista di Sergio Endrigo nel 1959, Jimmy Fontana nel 1973, Ricchi e Poveri nel 1981, Fausto Papetti nel 1981, Carmen Villani nel 1988, Gemelli Diversi nel 2001, Gigi D’Alessio nel 2006, Luciano Ligabue nel 2016.
Titoli da insulto: Egoista, Mostro, Stupido
Un capitolo a parte meritano i titoli a carattere d’improperio. Il primo è “Egoista” di Shari. Nell’archivio della SIAE anche “Egoista” supera i 100 depositi, un epiteto diffuso soprattutto nelle canzoni di lingua ispanica. Le più famose nel mondo con il titolo “Egoista” sono del portoricano Javid Alvarez, del dominicano Victor Antonio Saldana Santos e dello spagnolo Antonio Raul Fernandez Gonzales. Un altro “Egoista” di grande successo negli Stati Uniti è stato pubblicato nel 2019 da Nina Joory con Valentina Lopez. In Italia l’“Egoista” più quotato è di Alexia, uscito nel 2013.
A “Egoista” si aggiunge “Mostro” di Gianmaria. Nell’archivio della SIAE ne sono presenti oltre 50 con l’articolo: “Il mostro” di Nada, di Samuele Bersani cantato con Lucio Dalla, di Gianluca Grignani, di Enrico Ruggeri. “Mostro” senza articolo, identico al titolo di Gianmaria, è stato scritto dal musicista e regista Carlo Virzì nel 1999 per la band Snaporaz; “Mostro” è poi nel repertorio di Nef (2013) e in quello di Federica Carta (2021).
Dopo egoista e mostro l’improperio diventa insulto: così Will porta all’Ariston “Stupido”, un titolo che conta comunque oltre 100 precedenti. Hanno inciso “Stupido” il cantautore milanese Walter Foini nel 1979, il clarinettista Gianni Sanjust nel 1991, il rapper Massimo Pericolo (Alessandro Vanetti) nel 2021 e Sissi (Silvia Cesana) altra voce lanciata dal talent show Amici nel 2022. Da notare 3 raddoppi famosi: lo “Stupido Stupido” con cui il paroliere Giuseppe Cassia titolò in italiano per Dusty Springfield il brano di Burt Bacharach e Hal David “Wishin’and Hopin’”, lo “Stupido Stupido” inciso da Leopoldo Mastelloni nel 2008 e lo “Stupido Stupido” di Fedez nel 2022.
La Puttana corretta di Madame
A fare peggio ci aveva provato Madame con la canzone per Sanremo intitolata originariamente “Puttana”. Poi modificata in “Il bene nel male”. Il titolo “Puttana” in realtà sarebbe stato tutt’altro che originale. Chi abbia deciso la modifica in “Il bene nel male” – la stessa artista, il suo manager o lo staff di Amadeus per evitare imbarazzi – non è chiaro. Sta di fatto che quell’epiteto che un tempo veniva pudicamente ammorbidito in “donna di facili costumi” ha una valanga di precedenti.
Nell’archivio delle opere musicali della Società italiana degli autori ed editori si trovano infatti a oggi ben 177 titoli che contengono il termine puttana.
Alcuni sono famosi, come “Grande figlio di puttana” degli Stadio del 1982, firmato da Lucio Dalla e Gianfranco Baldazzi sulle note di Gaetano Curreri e Giovanni Pezzoli.
Un anno prima Luca Barbarossa aveva depositato un “Roma puttana” alternativo a “Roma spogliata”. Non ritenne di apportare modifiche al suo “Non fare la puttana” il rapper Fabri Fibra: il brano uscì nell’album “Mr. Simpatia” del 2004.
Tra i titoli presi in esame prevale il senso dell’imprecazione. Sono 10 i “Porca puttana” (uno lo depositò Alberto Baldan Bembo, arrangiatore e direttore d’orchestra in due edizioni del Festival di Sanremo) e 3 i “Puttana miseria” (uno del cantautore romagnolo Enrico Mancini per le edizioni Brutture Moderne). Ci sono i più delicati “La mia puttana” (Daniel Ursini), “La mia puttana triste” (Luca Signorini) o gli ingiuriosi “Sei una puttana” (Gabriele Deliperi), “Puttana che sei” (Silvano Rosso), “Brutta puttana” testo di Manuele Pepe (cantautore in gara a Sanremo nel 1983) sulla musica di Giuseppe Landro e Leonardo Rosi.
Lucciola, Prostituta o Peripatetica?
Talvolta gli insulti si estendono ai familiari: “Quella puttana di tua sorella” (David Florio) e addirittura “Mia madre è una puttana” (Eros Priori).
A riscattare la parità dei sessi ci ha pensato la showgirl e modella pugliese Gaetana Fasano, autrice del testo di “Uomo puttano”, musica di Pietro Forleo.
Un’alternativa a puttana è prostituta, vocabolo citato nel titolo di 45 canzoni registrate alla SIAE. Si va da “La prostituta stupefatta”, scritta dal poeta e medico Ariele D’Ambrosio sulle note di Alessandro Cerino, a “Innocente prostituta” della pianista cantautrice Valeria Sanzone.
Il primo a depositare un brano con questa parola nel titolo fu il leggendario direttore d’orchestra Carlo Savina, che Ennio Morricone nella sua biografia ha citato come propria guida: è di Savina “Poppea… una prostituta al servizio dell’impero” motivo conduttore del film omonimo diretto nel 1972 da Alfonso Brescia.
Tra i diversi sinonimi nell’archivio SIAE troviamo 6 “Peripatetica” (uno di Pino Morabito con la musica di Elvio Monti) e il latineggiante “Dolce meretrice” di Simone Andreoli.
Un altro importante musicista che si cimentò in titoli con simili caratteristiche fu il maestro Geden Capellari, abituale accompagnatore negli anni Cinquanta di artisti di primo piano come Nilla Pizzi, Carla Boni, Giorgio Consolini. Il maestro Capellari fu insignito nel 1986 della medaglia d’oro della SIAE insieme con Ennio Morricone, Federico Fellini e Renato Carosone. Resta sua la canzone con il titolo più impetuosamente espressivo del concetto di donna di facili costumi. Nel 1981 Capellari compose e depositò “Mignotta”.
Senza dubbio il “Lucciole vagabonde” del paroliere Bixio Cherubini musicato nel 1927 da Cesare Andrea Bixio suonava più elegante rispetto a tutti i sinonimi utilizzati successivamente. Anche il termine lucciole era riferito a donne che offrono prestazioni sessuali dietro pagamento di un corrispettivo in denaro, ma certamente quel titolo non avrebbe provocato alcun imbarazzo ad Amadeus.